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Un sorriso per Dickens

ISBN 978-88-98099-11-5

di Maria Vittoria Lauria e Vincenzo Lauria

ebook - fumetto

www.comicsouth.com

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I fratelli Lauria, Maria Vittoria (autrice e docente di materie letterarie) e Vincenzo (autore per Walt Disney, Akileos e Glénat) con “Un sorriso per Dickens” hanno confezionato una deliziosa pièce grafica, un ironico e delicato percorso autobiografico a fumetti del protagonista narrante, K, questo il suo nome, che si racconta in prima persona attraverso la narrazione della sua impresa: redigere una tesi sperimentale.

La vicenda è tratteggiata dai due autori con grande maestria, perché l’una utilizza la parola per definire la struttura portante della narrazione e per sostenere lo sviluppo della trama del racconto; l’altro visualizzando con un ductus grafico ricercato e mai invadente le tribolazioni del giovane protagonista, rende immediatamente visibili anche i messaggi e le pagine culturali sottese alla storia. Il racconto è infatti denso di citazioni letterarie che hanno la bontà di indurre i lettori più o meno esperti a richiamare o ad approfondire altre letture suggerite da K, inoltre emerge nel testo l’antico dualismo tra le forze regolano l’animo umano: il logos (la narrazione, la parola, il raziocinio) e il pathos (la sofferenza, l’emozione, l’irrazionalità) rievocato in un sottile gioco nel quale la narrazione soggiace alla meta-narrazione ordita dalla sceneggiatrice.

K è al tempo stesso narratore e soggetto narrato.

Una vertiginosa convergenza unisce dunque autrice, personaggio e lettori in una dionisiaca esperienza emotiva il cui trait d’union è il desiderio di conoscere il titolo di un libro misterioso. Insomma, una tensione che monta, così come le reciproche aspettative, e che sembra anche suggerire riferimenti alla migliore cinematografia, alla commedia all’italiana. Il filo della narrazione che intreccia autori, personaggio e lettori pare evocare gli stessi sentimenti di Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?, il film di Ettore Scola magistralmente interpretato nel 1968 da Alberto Sordi e Nino Manfredi accarezzato dalle note di “Angola Adeus” di Armando Trovajoli.

Se poi teniamo conto che lo stesso film di Scola, evoca a sua volta una storia a fumetti, quella del grande veneziano Romano Scarpa, “Topolino e il Pippotarzan” del 1957, allora il cerchio si stringe: otteniamo un andamento circolare che ha il punto di partenza e di arrivo nel fumetto grazie alla mediazione del cinema.

I tratti volutamente ricercati del disegnatore costruiscono un ambiente visivo spiccatamente onirico, dal gusto surreale, dove vediamo vivere un automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.”[1]

L’apporto visivo di Vincenzo (il pathos), si contrappone dunque al tentativo di predominanza del testo (il logos) occupando ogni spazio utile delle tavole, senza però mai risultare subalterno alla scrittura.

Insomma, un gioco tra le parti, di ruoli, tra ragione e sentimento, che dura il tempo di imbastire una deliziosa pièce grafica che non aspetta altro che di essere letta, vista e gustata, proprio così come faremmo se ci trovassimo a teatro o al cinema.

Ennio Ecuba

[1] Dal Manifesto Surrealista di André Breton del 1924.